Talismani
L’opera è stata creata per il progetto Punctum. Working Papers che ha coinvolto dieci giovani artisti per un intervento su alcune fotografie facenti parte dei fondi dell’Archivio Storico della Compagnia di San Paolo.
Punctum è un format ideato dall’agenzia Promemoria mirato a promuovere gli archivi in quanto realtà dinamiche e propulsive, non semplici contenitori del passato ma punti di partenza per una contemporaneità propulsiva.
“La cura dei materiali e il recupero dello scarto sono alcuni dei temi costanti nella ricerca di Silvia Margaria, che in prima istanza ha riflettuto su quale fosse il valore che portava qualcosa ad avere la dignità di un pezzo d’archivio. Tra le fotografie, ne ha selezionata una che raffigura il salone d’accoglienza al Monte dei pegni e si è concentrata sulla gestualità degli impiegati che ritiravano gli oggetti. Questi oggetti sono, per chi li lascia, ‘pezzetti di vita’ come scrive Elena Loewenthal in Una giornata al Monte dei pegni: “le cose tacciono, siamo noi che ci illudiamo di ascoltarle.Come ci si congeda dalle cose, prima di lasciarle? Meglio l’indifferenza o un brandello di cuore che se ne va?”. Il valore enorme di cui sono caricati gli oggetti lasciati in pegno rende importantissima l’operazione di chi li maneggia. Proprio sulle loro mani si è focalizzata l’attenzione dell’artista, che ha accostato questo gesto a quello del chirurgo che esegue un’operazione cardiaca. Al particolare ricavato dall’immagine d’origine sono state perciò sovrapposte due diapositive che raffigurano il cuore del donatore in preparazione al trapianto. La pellicola, a causa del cattivo stato di conservazione, è virata al rosso, aspetto che attribuisce alla scena una certa drammaticità, ulteriormente accentuata dalla retro illuminazione. In questo modo vengono messe immediatamente in risalto le implicazioni emotive di un’azione all’apparenza banale e ripetitiva come quella dello scambio di oggetti tra utente e impiegato”.
(Viola Invernizzi, curatrice della mostra Punctum. Working Papers)
2 light box
58,5x58,5 cm.
2016
Selected projects
Silvia Margaria passa tre anni all’archivio film della Cineteca del Museo Nazionale del Cinema di Torino, nel settore ispezione e catalogazione pellicole.
Quest’esperienza lavorativa è stata fondamentale per formare la sua attuale ricerca artistica: il modo attento di approcciarsi alla memoria e alla narrazione di identità del passato, e lo sforzo di portare lo sguardo oltre il proprio ordinario affaccendarsi, hanno attivato pratiche che formano un’attenzione più acuta verso le contingenze, le intermittenze del caso, le allusioni e i frammenti, la precarietà e la fragilità. La sua metodologia di lavoro dà importanza al dialogo e alla partecipazione con altre tracce visive, tenendo conto del rapporto tra gli opposti intesi come tensioni compresenti, dell’esperienza di relazione con la memoria, della complessità del rapporto tra uomo e ambiente. La sua ricerca si imposta su un ritmo che fa della lentezza una metodologia d’azione, per far sì che l’attenzione possa manifestarsi in maniera aperta, misurata e responsabile.
“La frizione, tra una natura che si mostra e allo stesso tempo si ritira nella sua parte più essenziale, è il segreto stesso della natura, ovvero la ragione invisibile di cui il mondo è manifestazione. La poetica di Silvia Margaria si posiziona sulla soglia di questo punto: l’artista cerca la parte impercettibile della natura e indaga il suo processo di apparizione con un lavoro di osservazione mosso dal desiderio di capire il mistero della vita nel suo fluire. La sua ricerca, coerentemente con ciò che esamina, si configura nell’ambiguità degli opposti (per esempio: dispersione/concentrazione – nascondersi/palesarsi – cercare/trovare – uno/molteplice – solitudine/collettività – comunicazione/relazione – memoria/oblio – resistenza/cambiamento) relazionati, più che per reciprocità divergente, attraverso l’elaborazione della proprietà transitiva dei concetti, in modo che dal nesso dialogico si possa trarre lo stesso moto consequenziale che caratterizza il naturale divenire delle cose”.
Silvia Margaria passa tre anni all’archivio film della Cineteca del Museo Nazionale del Cinema di Torino, nel settore ispezione e catalogazione pellicole.
Quest’esperienza lavorativa è stata fondamentale per formare la sua attuale ricerca artistica: il modo attento di approcciarsi alla memoria e alla narrazione di identità del passato, e lo sforzo di portare lo sguardo oltre il proprio ordinario affaccendarsi, hanno attivato pratiche che formano un’attenzione più acuta verso le contingenze, le intermittenze del caso, le allusioni e i frammenti, la precarietà e la fragilità. La sua metodologia di lavoro dà importanza al dialogo e alla partecipazione con altre tracce visive, tenendo conto del rapporto tra gli opposti intesi come tensioni compresenti, dell’esperienza di relazione con la memoria, della complessità del rapporto tra uomo e ambiente. La sua ricerca si imposta su un ritmo che fa della lentezza una metodologia d’azione, per far sì che l’attenzione possa manifestarsi in maniera aperta, misurata e responsabile.
“La frizione, tra una natura che si mostra e allo stesso tempo si ritira nella sua parte più essenziale, è il segreto stesso della natura, ovvero la ragione invisibile di cui il mondo è manifestazione. La poetica di Silvia Margaria si posiziona sulla soglia di questo punto: l’artista cerca la parte impercettibile della natura e indaga il suo processo di apparizione con un lavoro di osservazione mosso dal desiderio di capire il mistero della vita nel suo fluire. La sua ricerca, coerentemente con ciò che esamina, si configura nell’ambiguità degli opposti (per esempio: dispersione/concentrazione – nascondersi/palesarsi – cercare/trovare – uno/molteplice – solitudine/collettività – comunicazione/relazione – memoria/oblio – resistenza/cambiamento) relazionati, più che per reciprocità divergente, attraverso l’elaborazione della proprietà transitiva dei concetti, in modo che dal nesso dialogico si possa trarre lo stesso moto consequenziale che caratterizza il naturale divenire delle cose”.