Dispersione
Dispersione è un’installazione formata da 20 fotografie, 5 lettere trovate e 5 nastri di cotone bianco, che costituiscono il risultato di un atto performativo svoltosi sulle Alpi Marittime, in una parte del Parco del Marguareis.
Il progetto si apre ad una riflessione sulla relazione tra solitudine e comunicazione, sull’equilibrio critico di irrequietezza e stabilità, sul significato di valore e conservazione, sul legame con la vulnerabilità, l’errore e il rischio.
Le 5 lettere che fanno parte dell’opera sono scritte a mano da mittenti sconosciuti, datate 1916, 1944, post 1946, 1959, 1968. Questi scritti rappresentano per l’artista un modo per avviare un dialogo simbolico con le cose che resistono la cui dispersione può essere determinata dal caso o dall’intenzione: ha cercato di decrittare le calligrafie, il senso di un segno marginale di queste lettere dimenticate, ma esse sono privatissime mappature. Si può così leggere il pensiero di un ignoto, una traccia che, nella disattenzione e nel disordine del mondo, è riuscita a sopravvivere.
Il termine ‘dispersione’, oltre a significare disaggregazione e sparpagliamento, indica una possibile fase della vita di un lupo; a volte un esemplare lascia il proprio branco e si allontana per non tornare. La dispersione rappresenta una fase critica nella vita di un lupo: è un solitario, un disadattato, uno scarto che cerca il proprio riscatto.
Negli anni ’90, a 70 anni dalla sua scomparsa, è stato ufficialmente osservato e riconosciuto il ritorno spontaneo del lupo nelle Alpi Marittime.
L’atto performativo, organizzato in una salita e una discesa in due giorni differenti, si è svolto sul sentiero che da Carnino Superiore porta alla Punta Marguareis. Durante la salita l’artista ha letto ad alta voce le parole scritte, adattando la lettura con il ritmo del proprio cammino e respiro, per poi disperderle un’altra volta lasciandole a terra, sotto un sasso. Quest’abbandono volontario, come una sorta di oblio vigile, ha esorcizzato la convinzione di poter conservare tutto, in quello spazio della mente in cui, grazie al camminare, non ci si pone domande.
I 5 piccoli nastri di stoffa bianca hanno permesso, legandoli all’albero più vicino, di riconoscere, durante la discesa, il luogo nel quale ciascuna lettera era stata “dispersa”.
Le 20 fotografie che fanno parte dell’installazione sono il risultato di una selezione degli scatti eseguiti durante la camminata.
Esse sono accomunate da un’inquadratura caratterizzata da una forma circolare che chiude la scena come un mirino, a volte ben visibile, altre volte appena accennato ai bordi: la visione si è concentrata seguendo un’immaginaria linea di forza verso una prospettiva solitaria e condensata.
“Dispersione è un progetto intimo in cui l’azione del camminare, per cercare un altro ritmo che possa accompagnare quello segreto della natura, ha reso la percezione diversa, correggendo la cecità da disattenzione di cui siamo un po’ tutti vittime nel quotidiano per eccesso di sollecitazioni. Silvia Margaria con la sua opera mette a disposizione se stessa come diversa misura per cogliere la rivelazione della natura e, origliando il mondo, ci invita a fare lo stesso attraverso il suono di due metronomi con una cadenza differente sovrapposta: una con il battito cardiaco a riposo e un’altra con la frequenza cardiaca sotto lo sforzo della camminata.” (Alice Zannoni, curatrice della personale La natura (non) ama nascondersi, Cubo – spazio arte, Bologna, 2021)
Leggi l’intervista su Espoarte.
20 stampe Fine Art da negativi su carta cotone, b/n e colore
5 lettere trovate
5 nastri di cotone bianco
traccia sonora originale
2017
Selected projects
Silvia Margaria passa tre anni all’archivio film della Cineteca del Museo Nazionale del Cinema di Torino, nel settore ispezione e catalogazione pellicole.
Quest’esperienza lavorativa è stata fondamentale per formare la sua attuale ricerca artistica: il modo attento di approcciarsi alla memoria e alla narrazione di identità del passato, e lo sforzo di portare lo sguardo oltre il proprio ordinario affaccendarsi, hanno attivato pratiche che formano un’attenzione più acuta verso le contingenze, le intermittenze del caso, le allusioni e i frammenti, la precarietà e la fragilità. La sua metodologia di lavoro dà importanza al dialogo e alla partecipazione con altre tracce visive, tenendo conto del rapporto tra gli opposti intesi come tensioni compresenti, dell’esperienza di relazione con la memoria, della complessità del rapporto tra uomo e ambiente. La sua ricerca si imposta su un ritmo che fa della lentezza una metodologia d’azione, per far sì che l’attenzione possa manifestarsi in maniera aperta, misurata e responsabile.
“La frizione, tra una natura che si mostra e allo stesso tempo si ritira nella sua parte più essenziale, è il segreto stesso della natura, ovvero la ragione invisibile di cui il mondo è manifestazione. La poetica di Silvia Margaria si posiziona sulla soglia di questo punto: l’artista cerca la parte impercettibile della natura e indaga il suo processo di apparizione con un lavoro di osservazione mosso dal desiderio di capire il mistero della vita nel suo fluire. La sua ricerca, coerentemente con ciò che esamina, si configura nell’ambiguità degli opposti (per esempio: dispersione/concentrazione – nascondersi/palesarsi – cercare/trovare – uno/molteplice – solitudine/collettività – comunicazione/relazione – memoria/oblio – resistenza/cambiamento) relazionati, più che per reciprocità divergente, attraverso l’elaborazione della proprietà transitiva dei concetti, in modo che dal nesso dialogico si possa trarre lo stesso moto consequenziale che caratterizza il naturale divenire delle cose”.
Silvia Margaria passa tre anni all’archivio film della Cineteca del Museo Nazionale del Cinema di Torino, nel settore ispezione e catalogazione pellicole.
Quest’esperienza lavorativa è stata fondamentale per formare la sua attuale ricerca artistica: il modo attento di approcciarsi alla memoria e alla narrazione di identità del passato, e lo sforzo di portare lo sguardo oltre il proprio ordinario affaccendarsi, hanno attivato pratiche che formano un’attenzione più acuta verso le contingenze, le intermittenze del caso, le allusioni e i frammenti, la precarietà e la fragilità. La sua metodologia di lavoro dà importanza al dialogo e alla partecipazione con altre tracce visive, tenendo conto del rapporto tra gli opposti intesi come tensioni compresenti, dell’esperienza di relazione con la memoria, della complessità del rapporto tra uomo e ambiente. La sua ricerca si imposta su un ritmo che fa della lentezza una metodologia d’azione, per far sì che l’attenzione possa manifestarsi in maniera aperta, misurata e responsabile.
“La frizione, tra una natura che si mostra e allo stesso tempo si ritira nella sua parte più essenziale, è il segreto stesso della natura, ovvero la ragione invisibile di cui il mondo è manifestazione. La poetica di Silvia Margaria si posiziona sulla soglia di questo punto: l’artista cerca la parte impercettibile della natura e indaga il suo processo di apparizione con un lavoro di osservazione mosso dal desiderio di capire il mistero della vita nel suo fluire. La sua ricerca, coerentemente con ciò che esamina, si configura nell’ambiguità degli opposti (per esempio: dispersione/concentrazione – nascondersi/palesarsi – cercare/trovare – uno/molteplice – solitudine/collettività – comunicazione/relazione – memoria/oblio – resistenza/cambiamento) relazionati, più che per reciprocità divergente, attraverso l’elaborazione della proprietà transitiva dei concetti, in modo che dal nesso dialogico si possa trarre lo stesso moto consequenziale che caratterizza il naturale divenire delle cose”.