Atmosfera
Nell’ambito di Spazi Neonati, progetto di umanizzazione degli spazi di relazione del reparto di Terapia Intensiva Neonatale Clinica Universitaria dell’ospedale Sant’Anna di Torino promosso da Dear – Design Around Onlus e Fondazione per l’Architettura di Torino, il lavoro site-specific Atmosfera, sotto la curatela di Arteco, è concepito a partire da opere selezionate dalle Collezioni di Banca Intesa Sanpaolo (dipinti del XVII e XVIII in ambito piemontese). Si intende, così, contribuire alla costruzione di un ambiente fisico capace di rispondere alle esigenze emerse dalle voci di coloro che vivono il reparto ospedaliero (genitori dei piccoli pazienti nonché personale medico e paramedico), arricchendo il progetto architettonico degli spazi di una dimensione artistica, ritenuta necessaria per restituire la complessità dei bisogni individuati.
Dal report del workshop partecipativo del 2018 e dal sopralluogo nel reparto, l’artista ha avuto modo di interpretare le polarità che caratterizzano un ambiente in cui la fragilità emotiva è sensibile: luce/buio, vicinanza/separazione, intimità/relazione, velocità/lentezza, stasi/cambiamento.
La nuvola è l’elemento della natura che ha consentito di tradurre questi opposti in una forma, di relazionarli in modo che dalla comunione tra di essi si possa trarre lo stesso moto consequenziale che caratterizza il naturale divenire delle cose.
Le nuvole sono sempre lì da qualche parte ed influenzano molto la nostra vita con le loro manifestazioni. Nella loro natura di elementi sfuggenti e impalpabili, dinamici e in continuo mutamento, sono il simbolo dell’attesa verso ciò che si deve ancora definire, che può evolvere in meglio o in peggio, ma che non si ha il potere di cambiare.
Attraverso questa prerogativa, nel lavoro proposto l’artista ha utilizzato la fotografia analogica, intesa come metodologia tecnica che obbliga all’attesa, nella quale il pieno controllo del risultato viene meno.
Con l’intenzione di dare maggiore risalto alla tematica dell’imprevedibilità e dell’incontrollato, è stata utilizzata una pellicola diapositiva sviluppata poi con una lavorazione, cross processing, che permette di avere impressioni cromatiche imprevedibili.
Il progetto intende creare degli spaccati negli spazi della Tin, delle “finestre” che possano determinare una nuova luminosità, delle aperture verso ciò che è conosciuto e quotidiano, ma tangibilmente fuori dal proprio controllo.
Attraverso la stampa delle fotografie su una superficie trasparente, e mediante la sovrapposizione di due scatti diversi, è stato possibile realizzare una composizione prospettica con una profondità vibrante nella quale le nuvole si sommano dando vita a nuovi colori e forme.
Il dialogo tra i due scatti, e tra elaborato ed elaborato, permette che si manifesti un’atmosfera caratterizzata da toni di accoglimento e nello stesso tempo di evasione, attraverso l’immaginario moto, che riprende gli opposti citati all’inizio, tra interno/esterno, intimo/condiviso.
3 stampe su dibond e su pellicola traslucida applicata sotto policarbonato a partire da pellicola fotografica diapositiva
250×115 cm., 230×105,8 cm.
2022
ph. Alessandro Santi
Selected projects
Silvia Margaria passa tre anni all’archivio film della Cineteca del Museo Nazionale del Cinema di Torino, nel settore ispezione e catalogazione pellicole.
Quest’esperienza lavorativa è stata fondamentale per formare la sua attuale ricerca artistica: il modo attento di approcciarsi alla memoria e alla narrazione di identità del passato, e lo sforzo di portare lo sguardo oltre il proprio ordinario affaccendarsi, hanno attivato pratiche che formano un’attenzione più acuta verso le contingenze, le intermittenze del caso, le allusioni e i frammenti, la precarietà e la fragilità. La sua metodologia di lavoro dà importanza al dialogo e alla partecipazione con altre tracce visive, tenendo conto del rapporto tra gli opposti intesi come tensioni compresenti, dell’esperienza di relazione con la memoria, della complessità del rapporto tra uomo e ambiente. La sua ricerca si imposta su un ritmo che fa della lentezza una metodologia d’azione, per far sì che l’attenzione possa manifestarsi in maniera aperta, misurata e responsabile.
“La frizione, tra una natura che si mostra e allo stesso tempo si ritira nella sua parte più essenziale, è il segreto stesso della natura, ovvero la ragione invisibile di cui il mondo è manifestazione. La poetica di Silvia Margaria si posiziona sulla soglia di questo punto: l’artista cerca la parte impercettibile della natura e indaga il suo processo di apparizione con un lavoro di osservazione mosso dal desiderio di capire il mistero della vita nel suo fluire. La sua ricerca, coerentemente con ciò che esamina, si configura nell’ambiguità degli opposti (per esempio: dispersione/concentrazione – nascondersi/palesarsi – cercare/trovare – uno/molteplice – solitudine/collettività – comunicazione/relazione – memoria/oblio – resistenza/cambiamento) relazionati, più che per reciprocità divergente, attraverso l’elaborazione della proprietà transitiva dei concetti, in modo che dal nesso dialogico si possa trarre lo stesso moto consequenziale che caratterizza il naturale divenire delle cose”.
Silvia Margaria passa tre anni all’archivio film della Cineteca del Museo Nazionale del Cinema di Torino, nel settore ispezione e catalogazione pellicole.
Quest’esperienza lavorativa è stata fondamentale per formare la sua attuale ricerca artistica: il modo attento di approcciarsi alla memoria e alla narrazione di identità del passato, e lo sforzo di portare lo sguardo oltre il proprio ordinario affaccendarsi, hanno attivato pratiche che formano un’attenzione più acuta verso le contingenze, le intermittenze del caso, le allusioni e i frammenti, la precarietà e la fragilità. La sua metodologia di lavoro dà importanza al dialogo e alla partecipazione con altre tracce visive, tenendo conto del rapporto tra gli opposti intesi come tensioni compresenti, dell’esperienza di relazione con la memoria, della complessità del rapporto tra uomo e ambiente. La sua ricerca si imposta su un ritmo che fa della lentezza una metodologia d’azione, per far sì che l’attenzione possa manifestarsi in maniera aperta, misurata e responsabile.
“La frizione, tra una natura che si mostra e allo stesso tempo si ritira nella sua parte più essenziale, è il segreto stesso della natura, ovvero la ragione invisibile di cui il mondo è manifestazione. La poetica di Silvia Margaria si posiziona sulla soglia di questo punto: l’artista cerca la parte impercettibile della natura e indaga il suo processo di apparizione con un lavoro di osservazione mosso dal desiderio di capire il mistero della vita nel suo fluire. La sua ricerca, coerentemente con ciò che esamina, si configura nell’ambiguità degli opposti (per esempio: dispersione/concentrazione – nascondersi/palesarsi – cercare/trovare – uno/molteplice – solitudine/collettività – comunicazione/relazione – memoria/oblio – resistenza/cambiamento) relazionati, più che per reciprocità divergente, attraverso l’elaborazione della proprietà transitiva dei concetti, in modo che dal nesso dialogico si possa trarre lo stesso moto consequenziale che caratterizza il naturale divenire delle cose”.